1978 | Mario De Micheli | Sao Paulo, Museu de arte

(dal catalogo per la mostra)

Sottile, inquieta, intellettuale: potrebbero già questi essere gli aggettivi per definire la pittura di Paola Marzoli. Il suo modo di eseguire il quadro, il vagheggiamento poetico letterario che ne governa le immagini, lo stupore metafisico che sigilla nitidamente i suoi ambienti, ne confermano senz’altro la giustezza. E tuttavia si ha l’impressione che il senso vero di questa pittura si racchiuda in qualcosa di ancora più intimo e segreto.
Si ha cioè l’impressione che dietro la ineccepibile limpidità dei suoi modi e della sua fantasia plastica, viva una problematica più ricca e preoccupata, quella problematica che si alimenta alla tensione spirituale fra tradizione e modernità, tra il messaggio umanistico e la negativa brutalità della storia in cui siamo immersi e viviamo.

I suoi quadri si pongono sotto il segno della bellezza, che poi significa integrità. C’è stato un tempo in cui era possibile sottrarre la nostra integrità umana all’arsura alienante che è propria di questa età contemporanea? Al di là delle imposte e delle ante, che Paola Marzoli ci invita ad aprire per ogni suo quadro, è silenziosamente presente questo interrogativo. Lo interpretano le Diane, le Eve, le Veneri, le Sirene, le Naiadi che scendono dalle tele dei classici e s’aggirano negli spazi di magiche stanze, fra trasparenti tende, specchi, prospettive di porte, su lucidi pavimenti di allucinanti piastrelle. Spesso un filo rosso le collega al quadro donde sono uscite, alla ripetizione della loro stessa immagine; o a libro aperto, che sembra sfogliarsi da solo; altra volta lo stesso filo rosso si dipana dal quadro, da cui la figura femminile non si è ancora mossa, e va componendo in giro misteriosi itinerari.

Ogni quadro è un gradevole enigma, di cui tuttavia non è difficile la chiave di lettura, tenendo presente la spinta interiore che l’ha generato. Restituire l’integrità o un’idea dell’integrità del passato al desiderio dell’integrità nel presente attraverso il recupero di una continuità storica: forse si può formulare in questi termini la poetica di Paola Marzoli: È questa acuta coscienza che guida il suo discorso figurativo: La stessa sequenza dei libri, che potrebbe essere scambiata per un semplice gioco di trompe-l’oeil, è ugualmente da considerare in tale luce. Direi anzi che proprio in questi libri il momento dell’inquietudine di Paola Marzoli si fa più evidente. Le antiche pagine, aride, accartocciate, strappate e macchiate, sono appunto il traslato delle difficoltà a cogliere oggi il senso del passato, a riannodare la nostra accidentata vicenda di oggi alla nostra vicenda più remota, a ritrovare insomma la continuità dei valori.

Non dunque un’altra nostalgica “recherche du temps perdu” bensì il sentimento e la volontà di non spezzare il filo rosso della cultura, delle idee, della nostra crescita umana. Questo è ciò che Paola Marzoli dipinge con occhio così pungente, con un gusto così vivo per la pittura, per le sue regole e i suoi effetti: come un lievito, in questa sua dedizione così amorevolmente intransigente, agisce una visione che ne assicura l’esito oltre l’esercizio e la tecnica: la visione di un problema alla cui soluzione siamo tutti interessati.