1979 | Luigi Carluccio| "Panorama" 24 aprile 1979

(recensione a mostra Galleria Schubert. Milano, via Bagutta)

L’aspetto più affascinante delle opere di Paola Marzoli sta, ci pare, nel fatto che sembrano raggiunte percorrendo molte strade diverse: la cultura pittorica per esempio, con il suo bagaglio di immagini verosimilmente estrapolate dagli antichi, veneri, sirene, ninfe.

La cultura in genere, musicale e letteraria con le ombre di Mahler o di Stendhal che s’affacciano dalle pagine accartocciate di vecchi libri gualciti; il piacere dell’inganno ottico attraverso una maniera che può resuscitare gli spettri delle più diverse materie; il piacere per il silenzio metafisico che invade spazi architettonici come scene multiple, come ricettacoli, come rifugi, a volte anche come luoghi appena abbandonati dall’inquietudine dell’esistenza.

Tante cose, insomma, sembrano concorrere alla genesi dell’opera di questa artista inconsueta (e tuttavia l’immagine che essa deposita davanti ai nostri occhi è di una sorprendente e sconcertante semplicità).

Anche quando prende profondo diletto a rendere complicata la possibilità di accostare il segreto della sua immaginazione, e articola lo spazio su prospettive diverse e contraddittorie, e immagina fughe impossibili verso l’infinito, o addirittura nasconde l’immagine definitiva delle sue scelte dietro ante e imposte chiuse sul mistero.

D’altra parte nascondersi, sfuggire alla presa nel momento stesso in cui apre spiragli che danno su un labirinto, è certamente il gioco preferito da questa pittrice.

opera 679-particolare